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Il suo gestore è indipendente. Ma ora preferisce fare da sola

a cura di Marco Liera

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Mi preme, tramite un esempio concreto, dimostrare l'infondatezza dei due principali assunti che caratterizzano il dibattito in corso sulla crisi del risparmio gestito:
1. L'indipendenza delle Sgr dalle banche (e dai canali distributivi in genere) assicura l'eliminazione del conflitto di interessi (e, in teoria, migliora la qualità dei prodotti offerti). Mia moglie era titolare di un contratto di gestione che prevedeva l'utilizzo sia di singoli titoli che di Oicr, gestiti dalla Sgr o da terzi. Guarda caso, oltre il 60% del portafoglio era costituito da Sicav e fondi gestiti dalla stessa Sgr e in portafoglio c'era solo una Sicav di una società estera che pesava per meno del 2% del portafoglio (anzi, in realtà la Sgr gestisce in delega la parte azionaria italiana di quella Sicav). Sulla parte di portafoglio investita in prodotti di casa non c'era un doppio livello commissionale: peccato che le commissioni di gestione dei fondi fossero assai più alte delle commissioni di gestione della Gpm (che venivano esplicitamente tolte su quella parte di portafoglio). Circa il 10% del portafoglio era effettivamente costituito da fondi di fondi, dunque il decantato lavoro di selezione di gestori terzi c'era effettivamente. Ma cosa impediva di inserire in gestione i fondi di terzi? Semplice, questi fondi di fondi pagano una commissione di gestione del 2% annuo che, se non si ricorresse a questo trucchetto, non sarebbero pagate!
2. Le Sicav estere sono più facilmente collocabili dai distributori in quanto i sottoscrittori godono di un vantaggio fiscale (rinvio della tassazione al momento del realizzo). Sempre nell'ambito della gestione, negli ultimi tempi avevo notato uno switch da fondi italiani a sicav lussemburghesi: stesse caratteristiche, stessa società di gestione, stesse commissioni di gestione. Tutto bene dunque, anche se il vantaggio fiscale, nell'ambito di un contratto di gestione e relativo regime fiscale, decisamente sfugge.
Peccato che anche qui ci sia il trucco, nascosto nei dettagli. Prendendo una Sicav lussemburghese ed un fondo, apparentemente uguali (fonte: sito internet della società) vediamo che:
o i fondi prevedono un tetto massimo alle commissioni (performance + management), le Sicav no (e ancora sarebbe il minore dei mali, se le performance fossero buone);
o i fondi si confrontano con benchmark azionari che tengono conto dei dividendi, le Sicav no (un 3%-4% di vantaggio per le Sicav, che, con una commissione di performance del 20%, comporta tra lo 0,60% e lo 0,80% di maggiori costi annui);
o i fondi prevedono commissioni di performance annue, le Sicav prevedono commissioni di performance mensili.
Conclusione. Mia moglie ha “votato con i piedi”: ha chiuso la gestione, portato i soldi in banca, e si gestisce i propri soldi da sola utilizzando Etf, titoli di Stato e obbligazioni.
A.C. - (via e-mail)

In finanza le ideologie sono pericolose. Purtroppo, in molti preferiscono riferirsi agli slogan e non ai numeri, perché è più comodo e richiede meno preparazione. I gestori di fondi comuni (non quelli delle gestioni patrimoniali, che non pubblicano obbligatoriamente le performance) possono essere valutati oggettivamente sulla base del rendimento e del rischio che hanno generato per i sottoscrittori.
Questi dati possono essere elaborati in vario modo (un esempio si ha con i rating dei fondi, pubblicati alle pagine 51 e seguenti), e danno la possibilità di scegliere, al di là del marchio di "indipendente" o "controllato", i gestori che si sono dimostrati più "bravi", al netto dei costi. Ciò non significa affatto che anche in futuro saranno altrettanto "bravi", ma almeno è un criterio oggettivo con il quale scegliere strumenti e intermediari.
A osservare i dati storici, ci sono stati "bravi" e "mediocri" gestori sia tra gli "indipendenti", sia tra i "controllati". Nell'esperienza italiana (ma anche in altre), le organizzazioni "controllate" hanno però dimostrato alcuni difetti strutturali che non le hanno messe nelle migliori condizioni possibili per creare valore per i clienti. Ed è questo uno dei temi principali del dibattito sulla crisi del risparmio gestito.
Lei e sua moglie avete dimostrato (e state dimostrando) di essere risparmiatori molto più preparati della media, capaci di analizzare prodotti e commissioni, e di individuare i comportamenti a vostro svantaggio. Tuttavia, se inizialmente propendevate per il risparmio gestito, non sono chiari i motivi per i quali avete scelto una gestione patrimoniale "mista" (fondi e titoli) e non di selezionare direttamente i migliori fondi, una attività per la quale non vi mancano le competenze. Quel che è certo è che scegliendo una gestione patrimoniale vi siete esposti a una moltiplicazione di costi inutili e vi siete messi nelle condizioni di fruire di una trasparenza inferiore. Non è un caso che le gestioni patrimoniali in fondi siano state letteralmente demolite dall'entrata in vigore della direttiva Mifid.
  CONTINUA ...»

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